La psicologia di gruppo, secondo la prospettiva psicanalitica, ma sarebbe meglio dire le dinamiche di gruppo entrano prepotentemente in gioco, già all’inizio della seconda guerra mondiale con i primi lavori in ambito clinico con Foulks ( gruppo analisi ) nel 1940 e quasi contemporaneamente con Bion( psicoterapia di gruppo ad orientamento analitico ) che tratta i primi casi di traumi da guerra, proprio durante gli anni della seconda guerra mondiale. Entrambi lavoreranno presso l’Ospedale militare Northfield presso Birmingham.Il maggiore centro psichiatrico di allora per cercare di dare una risposta in quegli anni ai vari disturbi, traumi e psicosi dovuti agli eventi bellici.I due metodi però pur rifacendosi in qualche modo e specialmente nel caso di Bion, alla psicoanalisi, si segnalano per avere concezioni e strutture originali, giungendo con Foulkes a creare un modello teorico a se stante.
Naturalmente è noto che i primi lavori sui gruppi risalgono a Freud con Totem e tabù 1913 , Psicologia di gruppo ed analisi dell’io ed Introduzione a Psicologia di gruppo ed analisi dell’io. Tuttavia in realtà lo studio dei gruppi e soprattutto le loro applicazioni , avranno un enorme sviluppo dagli anni ’50 in poi sino ai giorni nostri. Anche in ambiti assai diversi dall’approccio clinico, già con i primi studi di Kurt Lewin psicologo tedesco ed uno dei padri della psicologia sociale che con la Teoria di Campo (1946)e poi col T-Group si occuperà forse per primo delle dinamiche di gruppo in ambito non clinico. Le applicazioni “del gruppo” in quanto entità con una sua precisa connotazione è ormai vastissimo e riguarda le più svariate discipline: aspetti sociologici, etnologici, di psicologia sociale, in ambito lavorativo e nel campo scolastico, sino a giungere pochi anni fa con la Qualità globale, ai gruppi di Qualità. Tutto ciò sta a dimostrare la grande valenza dei lavori di gruppo e la loro enorme versatilità di impiego.
Tuttavia, e non sarebbe possibile altrimenti, mi vorrei occupare prevalentemente della psicoterapia di gruppo , senza tuttavia rifarmi ad un modello in particolare. Cercherò invece di privilegiare, in questo lavoro, più che i modelli teorici che saranno solo sfiorati, i criteri pratici sia del setting, sia i vantaggi e le indicazioni che si possono dare, in linea di principio, sia nella scelta dei pazienti che nel funzionamento in generale di un gruppo di Terapia.
La psicoterapia di gruppo credo sia un formidabile mezzo terapeutico che assolve a svariate funzioni : che vanno da contenitore dell’angoscia, al miglioramento della propria identità ed individuazione, dalla capacità di relazionarsi con gli altri sino al miglioramento della propria autostima.
Dal punto di vista teorico il numero minimo per formare un gruppo è di almeno tre persone compreso il terapeuta ( tutte le volte che almeno tre persone si riuniscono fra le quali il terapeuta lo spirito del gruppo esiste nella sua totalità ).Capita spesso infatti di avere un numero di partecipanti ridotto, perciò non si insiste mai abbastanza sull’importanza e la responsabilità che ha ciascun membro del gruppo nei confronti di tutti gli altri e come sia fondamentale che, salvo gravi impedimenti,ognuno si senta in dovere di partecipare con una frequenza regolare ed assidua alle sedute. Ciò non toglie che per il numero ideale per un gruppo si aggiri intorno alle 8 – 15 persone( questo indipendentemente dalla finalità del gruppo: potrebbe anche essere un gruppo di lavoro o didattico ), personalmente ritengo si abbia uno scambio sufficientemente ricco di dinamiche da un minimo di sei ad un massimo di 12 persone se si tratta di un gruppo di psicoterapia, soprattutto se il conduttore è unico. L’assunto di base dovrebbe consistere in : disporre di una stanza sufficientemente ampia da poter disporre delle sedie in circolo, il terapeuta dovrebbe essere in una posizione tale da poter osservare i membri del gruppo e nel contempo le eventuali “entrate” o “uscite” dalla stanza. Esistono delle regole che il gruppo dovrebbe rispettare, le principali sono : un luogo fisso nel quale i membri del gruppo si incontrano, un tempo prestabilito ( dai 70-75 ai 90 minuti per un gruppo numeroso ) ed un intento dichiarato. Il gruppo si può anche dedicare ad una singola tematica condivisa : es. gruppo alcolisti anonimi, attacchi di panico, fobie, dipendenza sentimentale ecc.
In ogni caso ogni singolo membro è tenuto a condividere e a rispettare il segreto professionale insieme al Terapeuta per non violare la riservatezza di ciò che viene detto all’interno del gruppo, si scoraggiano le frequentazioni tra membri del gruppo al di fuori dello spazio di terapia e si chiede l’impegno a non abbandonare il gruppo per almeno i primi tre mesi, che è il tempo medio durante il quale un gruppo si struttura. I gruppi poi possono essere di tre tipi : gruppo chiuso cioè una volta che il gruppo si è strutturato non si accettano nuovi pazienti ed il numero dei partecipanti può diminuire se si verifica qualche abbandono ma non può aumentare. Il gruppo semi-aperto dove nel caso di qualche membro che abbandona, il gruppo insieme al terapeuta accetta di far subentrare nuove persone nel gruppo, ciò alfine di mantenere il numero complessivo invariato rispetto all’inizio. Infine il gruppo aperto che può prevedere nuovi ingressi e quindi il numero dei partecipanti non è rigido ma fluttuante sia pure obbedendo ad un criterio di funzionalità circa il numero globale dei partecipanti per non mettere in crisi la capacità di lavorare del gruppo.
I gruppi possono essere composti da un numero di membri assai variabile quali : piccoli gruppi ( fino a 10 persone ), gruppi medi ( fino a 20 persone ) o grandi gruppi ( oltre le 20 ).Inoltre si possono contraddistinguere per le finalità e per la durata : alcuni gruppi possono avere una durata già definita altri non avere un termine stabilito. Come abbiamo già detto sopra un gruppo dovrebbe formarsi e riconoscersi in un intento o con un obbiettivo condiviso e persino i mezzi con i quali lavorare (ad esempio modalità verbale o non verbale di lavoro) cosa che facilita la stessa identità dei componenti del gruppo e quindi il gruppo stesso.
Si sono strutturati moltissimi gruppi di “auto aiuto” negli ultimi anni : dai problemi sentimentali ai gruppi di traumi da fulmini, dai problemi di dipendenza a coloro che sono sopravvissuti ad un incendio e potremmo portare molti altri esempi.
Oggi ci occuperemo di un gruppo di psicoterapia che si occupi in prevalenza di favorire la presa di coscienza dei vari membri del gruppo e della capacità di interagire fra loro, portando alla luce per quanto possibile le dinamiche consce e soprattutto incosce di ognuno, con la presenza di un terapeuta che si adopererà per favorire l’ interazione fra i vari componenti del gruppo stesso.
Il gruppo di terapia si riunisce circa una volta a settimana ma si possono avere anche frequenze bisettimanali , come talvolta la frequenza può essere di una volta ogni 2 settimane. Il terapeuta oltre ad avere esperienza nella conduzione di gruppi si deve spendere a differenza della terapia individuale non tanto sulle singole esigenze ma piuttosto favorire lo scambio fra le varie componenti del gruppo. Si potrebbe dire con un po’ di fantasia che il terapeuta più che una analista è un “facilitatore” di scambi psicologici significativi fra i vari componenti del gruppo. Inoltre si può anche dire che è il gruppo stesso che cura, con l’interazione fra i vari membri che in qualche modo diventano tutti un po’ “coterapeuti” all’interno del gruppo di terapia.
Rispetto alla terapia individuale dove l’interazione fra paziente e terapeuta costituisce l’asse portante delle terapia stessa e tutto il materiale che esce viene sottoposto al vaglio dell’analisi. Tutto ciò in una prospettiva analitica con particolare attenzione al materiale dovuto al transfert e al controtransfert, alle difese, alle associazioni ed all’empatia messa in atto dal terapeuta rispetto ai problemi portati dal paziente. Nel caso della terapia di gruppo l’attenzione e più spostata sulla relazione e sul come mi pongo io nei confronti di questa “cosa” che io porto nel gruppo o che altri portano all’attenzione del gruppo ivi comprese le difese e gli stati d’animo che ciò mi suscita. Qui il terapeuta interviene per facilitare una presa di coscienza, può sottolineare alcuni aspetti, aiutare il gruppo o il singolo a capire meglio ciò che accade. Lo scambio in un gruppo è molto più ricco che non nella prospettiva individuale anche se nel gruppo ci sono più limiti da rispettare, tipo lasciar parlare gli altri, non prevaricare, anzi il gruppo, con l’aiuto del conduttore o in modo autonomo, deve favorire la partecipazione di tutti, quindi anche di chi è più chiuso ed in difficoltà a prendere la parola.
In alcuni casi la terapia di gruppo è un percorso a se stante e delle volte può essere esaustivo per le problematiche del paziente, mentre in altri casi può essere il naturale proseguimento di un precedente percorso individuale.
D’altronde il gruppo rappresenta una formidabile esperienza e soprattutto per alcuni che provengono da dinamiche familiare di deprivazione affettiva, può voler dire essere finalmente accolti e capiti, sentire che altri possono condividere le tue emozioni e questo può essere determinante per raggiungere un processo di cambiamento. Nel caso di questo tipo di terapia il terapeuta da un lato è un paziente come gli altri dall’altro egli ha ruoli e responsabilità diverse.
Nella terapia di gruppo si ha il “fenomeno dell’eco” che è una caratteristica peculiare di questo tipo di terapia. Nel gruppo infatti la comunicazione ha una prevalenza emotiva : qualunque cosa venga detta suscita nei vari membri una risposta emotiva e talvolta anche il “non detto” viene percepito dal gruppo. Per cui le risposte ed i commenti possono considerarsi come una sorta di libera associazione e cioè un “eco” che fa emergere attraverso le dinamiche del gruppo materiale importante sul quale lavorare.
Particolare attenzione va prestata, nella fase iniziale, ad una attenta selezione dei candidati al gruppo. Questo non vuol dire essere particolarmente rigidi nei criteri di scelta ma evitare quella che la moderna Gruppoanalisi chiama “l’antigruppo” cioè quella tipologia di persone che per problemi personali è poco incline a collaborare con gli altri ad esempio perché troppo dogmatica o distruttiva nei confronti degli altri. Essenziale sarà come sempre la motivazione e la capacità di mettersi in gioco all’interno del gruppo, portandovi i propri conflitti , le proprie angosce e paure ma essendo in grado di ascoltare empaticamente anche quelle altrui.
Si possono distinguere tre fasi nel funzionamento di un gruppo : la fase iniziale durante la quale i vari membri del gruppo si conoscono e si riconoscono, ove cioè si costruisce il senso di appartenenza al gruppo . Una fase centrale di stabilità del gruppo dove si evidenziano le dinamiche di potere che emergono nel gruppo. Infine una fase terminale, una terapia di gruppo può durare anche molto tempo, quindi assai delicata, dove si privilegia l’elaborazione dei meccanismi di separazione dal gruppo.
Chi partecipa a questo tipo di esperienza non la dimenticherà facilmente, anche perché in qualche modo ne sarà toccato e contaminato, riuscendo spesso a sentirsi diverso da come ne era entrato e provando in maniera significativa una maggiore empatia di fondo e comprensione in generale, nei confronti degli altri.
Bibliografia:
Wilfred R.Bion – Esperienze nei gruppi – Armando Editore1971
S.H.Foulks – La psicoterapia Gruppoanalitica – Casa Editrice Astrolabio 1976
B.Nicoletti – I Circoli di Qualità – Franco Angeli Milano 1992
K.Lewin – Teoria dinamica della personalità – Editrice Universitaria Firenze 1965
G.F. Minguzzi – Dinamica psicologica dei gruppi sociali – Editrice Il Mulino Bologna 1973
Roger Mucchielli – La Dinamica di gruppo – Elle DI CI Editrice 1994